Appendici

Appendice 3: Esempio di analisi archetipico-psicologica di una composizione sinfonica (il primo tempo del Concerto per Violoncello e Orchestra di Anton DVORAK)

Abbiamo deliberatamente scelto questa composizione a causa della trasparenza psicologica che presenta, sia dal punto di vista storico (perchè composto in un momento particolare della vita del compositore) che dal punto di vista emotivo-personale (per essere stato realizzato dietro pulsioni particolari). Probabilmente, Dvoràk deve la sua trasparenza al fatto

di riemettere quasi intatte le componenti archetipiche, ben separate da quelle rielaborative. Vediamone il dettaglio.

Il Concerto per Violoncello e Orchestra Op.104 in Si minore è l’ultima grande opera sinfonica (forse, il capolavoro) di Anton Dvoràk. Completato nella prima stesura a fine Febbraio 1895 durante gli ultimi mesi del soggiorno americano, ma rielaborato (specialmente nel terzo tempo) dopo il rientro in Patria e terminato nell’Aprile 1895, può essere considerato il suo testamento spirituale: una rievocazione dei momenti più significativi della vita, una affermazione ed espressione delle sue idee e sentimenti più profondi, e, in ultimo, la prefigurazione di un sofferto e drammatico commiato.

Lineamenti Generali

L’avventura americana, uno dei momenti più importanti della vita di Dvoràk, sta terminando: la sua vita artistica è ormai quasi compiuta, coronata dall’aver contribuito in maniera decisiva alla nascita della Scuola Musicale Americana; in questo scenario, è concepito il Concerto per Violoncello e Orchestra in Si minore (8.4 – 1).

Ma non è possibile affrontare l’esame dei significati di quest’opera, senza ricordare un episodio determinante della vita di Anton Dvoràk: l’amore segreto (destinato a diventare per tutta la vita fonte di ispirazione) per la futura cognata Josefina Cermàk, cui trent’anni prima aveva dato lezioni di piano, e della quale in seguito aveva sposato la sorella minore; Dvoràk dedicò a lei una Canzone (Op.82/1) e, sempre per lei, scrisse in gioventù la bozza di un Concerto per Violoncello in La maggiore (1865) mai in seguito orchestrato nè eseguito in pubblico. Ebbene, Josefina cadde gravemente malata proprio nel periodo in cui a New York il compositore decise di scrivere il Concerto, ma solcò per sempre questa opera: il secondo tema del primo tempo canta senza dubbio l’apparire dell’amore (e quindi di lei) nella vita del musicista; il secondo tempo riprende interamente (trasfigurandola in tre quarti) la Canzone Op.82 scritta per lei; non solo, Dvoràk probabilmente anticipa il ritorno in patria per rivederla viva, e un mese dopo, alla sua morte, decide di rielaborare parzialmente il Concerto aggiungendo, nel terzo tempo, alcune citazioni della Canzone, e sopratutto, verso la fine, sessanta nuove battute (le più drammatiche, prefiguranti il commiato).

Certamente, quando un Artista si comporta così, non ha bisogno di aggiungere altro: il Concerto è come un colloquio intimo con lei, l’ultimo; in esso il compositore le consacra idealmente l’intera sua vita, una vita in cui la centralità e l’importanza di questo amore è riaffermata dalla sua musica in maniera determinante. Non a caso,in gioventù, fu scelto il violoncello per elevare il primo canto d’amore incompiuto, non a caso oggi il violoncello sanziona in una rievocazione definitiva il canto di morte, il commiato.

Analisi Archetipico-Musicologica

Cercheremo di svolgere una compiuta analisi del primo tempo del Concerto, alla luce degli archetipi e delle rielaborazioni che sarà possibile individuarvi; l’analisi puntuale dei vari passi, necessaria per una comprensione completa dell’opera, sarà integrata da nozioni storico-psicologiche e da elementi interpretativi degli stati d’animo espressi nelle varie parti del Concerto, di cui con certezza possiamo avere qualche cognizione.

Il primo tempo del Concerto ripercorre la vita del Compositore nei momenti più importanti; tramite il canto del Violoncello solista viene compiuto un vero e proprio esame di coscienza durante il quale l’Autore si interroga e cerca di rispondere, secondo le Sue convinzioni, alle domande fondamentali dell’esistenza, alternando momenti di commossa rievocazione.

Udremo il Solista, a volta in accordo, a volte in contrasto con l’Orchestra: così il dialogo, ora sereno, ora drammatico, dell’autore con la propria coscienza(*).

Per seguire lo svolgersi del discorso musicale attraverso il susseguirsi degli stilemi archetipici è necessaria una partitura orchestrale(**).

Il Primo Tempo

Inizia l’Orchestra anticipando (battute 1-86) i due temi fondamentali del primo tempo (della Vita e dell’Amore) e preparando lo scenario generale per l’ascoltatore. Nel primo tema viene esposto, inizialmente in maniera sommessa, l’archetipo domanda-risposta probabilmente esprimente nelle prime quattro note (batt.1-2) il quesito fondamentale, che ogni uomo nei momenti di maggior introspezione si pone, sulla validità della propria vita e delle proprie azioni: “ho io detto qualcosa, ho io donato qualcosa” ? La risposta delle successive quattro note è assolutamente affermativa, ed esprime fierezza di sè. Data l’importanza di tale archetipo, abbiamo ritenuto di aggiungere in calce una nota contenente una analisi più approfondita del medesimo. Lo stesso archetipo viene riespresso(batt.9-10) ripreso in forma gridata(batt.17-18) ma più dubitativa (come se fosse stato inutile vivere e affermarsi) e quasi disperata, come esprime indubitabilmente la frase musicale passata temporaneamente dal Si minore alla sua dominante(Fa Diesis maggiore); e, dopo quattro battute di rielaborazione e preparazione, di nuovo lo stesso archetipo espresso in modo grandioso e senza incertezze(batt.23-24), mentre subito dopo si sviluppa un pensiero musicale ritmato (quasi una esposizione di vicende vissute) che conduce infine alla ripetizione, stavolta duplice, dello stesso tema archetipico (batt.45-46, e 47-48) e alla sua successiva “espansione” (batt.49-56), come a prefigurare un momento di raccoglimento, prima dell’inizio del secondo tema, che è diviso in due parti: la prima, da batt.57 a batt.64; la seconda, da batt.64 a batt.74. E qui occorre ricordare che Dvoràk stesso disse di non poter più riascoltare questo tema senza provare una intensa commozione: in effetti, la sua solarità, tenerezza, purezza dimostrano senza dubbio la volontà di esprimere (prima parte) la comparsa dell’Amore nella vita del Compositore, mista, stavolta sì, ad un senso di nostalgia e di dolore per ciò che poteva essere, ma non è mai stato e non sarà mai più; poi, sopratutto (seconda parte) il dover amaramente reagire, perchè la vita continua, anche se il destino ha riserbato per Lui l’intenso e terribile fardello dell’amore non corrisposto. Difatto, le ultime due battute della seconda parte preparano la enunciazione dell’archetipo di ineluttabilità leggermente rielaborato (batt.75-86) e sfumato nel finale.

Ed ecco, “quasi improvvisando” (come dice la notazione sul rigo musicale), il Violoncello (batt.87),che riespone vigorosamente il primo tema (archetipo domanda-risposta), stavolta con forte carattere propositivo. Il discorso si snoda con intimità e “suspence” fino alla doppia analisi rielaborata del solo archetipo domanda (batt.110-111 e 112-113) cui seguono due accorati momenti di giustificazione interiore (batt.114-115 e 116-117) che attraverso il loro acquietarsi (batt.118-119) sfociano in quattro archetipi di dolcezza triste ripetuti due volte(batt.120-121) e rielaborati con drammatico vigore(batt.122-127). Essi precedono il ritorno ancora duplice dell’archetipo domanda-risposta(batt.128-129 e 130-131), ove però la risposta è dubbia e sfiduciata(espressa in Sol minore con successiva risoluzione in Mi minore), anche se precede e introduce il secondo tema, purissimo canto d’Amore; questo canto, pur essendo espresso in Re maggiore(tonalità estremamente positiva), considerando però come lo aveva preannunciato l’Orchestra nelle battute 57-74, e come essa ora accompagna e commenta (con soli archi) il Violoncello solista, appare qui, specie nella seconda parte, particolarmente accorato e consapevolmente senza speranza. In effetti, dopo la prima esposizione (batt.140 e segg.),la seconda parte (batt.147-156) è densa di rimpianto e tristezza, e le successive “variazioni” (batt.158-165) appaiono come un tentativo di spiegarsi e razionalizzare il torto affettivo subìto e logicamente riconducono (batt.166-169) ad una rielaborazione dubitativa dell’archetipo domandaquasi esprimente una volontà di reazione (batt.170-171), cui seguono (batt.172-176) due archetipi espansi di ineluttabilità crescente e infine, la riaffermazione della libertà individuale di vivere con dignità la propria vita (batt.177-179), anche se la ricerca di qualche momento di serenità e tenerezza (batt.180-181:archetipi espansi di dolcezza) viene frustrata dal ricomparire dell’ineluttabilità (batt.182-183) cui seguono momenti di dolorosa introspezione (batt.186-192). Ma l’Orchestra ci riconduce nuovamente (batt.192-222) alle primitive domande, mentre la rielaborazione della seconda risposta (batt.195 e 199) significa insicurezza, e si trascina fino al riaffacciarsi del Violoncello solo (batt.223), che ripropone, spropositatamente dilatato, l’archetipo domanda-risposta ,a significare il trasformarsi del dubbio in un lungo e doloroso lamento esistenziale estenuato sino alla battuta 238, dato che dopo (batt.240 e segg.) si affaccia nel tema orchestrale l’angoscia, resa più intensa e drammatica dalla minuta autocritica compiuta dal Violoncello che sommessamente si sovrappone; e anche se lo scenario sembra ricomporsi e appagarsi (batt.243-245), successivamente, in un crescendo ancor più angoscioso e drammatico, vengono riformulate (batt.252 e 254) le domande di sempre; ma stavolta, la mancanza assoluta di risposta determina (batt.256-260) una violenta reazione in cui il Violoncello, posta a tacere l’Orchestra, si staglia prepotentemente,quasi per riaffermare il diritto ad una vita indipendente e creativa anche se vissuta nella solitudine dei sentimenti;ma poi la reazione si stempera e si concreta nella riaffermazione solenne dell’Amore che resterà in eterno, enunciata fortissimo dall’Orchestra(prima parte del secondo tema-batt.265 e segg.); ad essa fa seguito una seconda parte enunciata dal Violoncello in maniera più positiva che alle battute 61-64, con una intensità che raggiunge l’acme in battuta 281(primo movimento) per poi assumere una pacatezza nuova che introduce le variazioni introspettive (batt.285-292) analoghe alle precedenti (di batt.158-165), cui seguono (batt.297 e segg.) gli stessi moti di reazione psicologica, ineluttabilità, tenerezza etc con un accenno di accettazione evidenziato dalla tonalità diversa usata (Si maggiore-tonalità finale del tempo-mentre prima era in Re maggiore, relativa del Si minore iniziale);e subito dopo(batt.319-320) l’Orchestra ripropone ancora una volta la domanda-risposta, ma stavolta in maniera grandiosa e positiva (tonalità di Si maggiore) trascinando lo stesso Violoncello(batt.322-324) a rispondere nello stesso modo, quasi a voler significare il superamento di ogni dubbio, l’accettazione senza riserve della sofferenza, la riconquista di una indipendenza intellettuale : anche le successive battute (325-342) esprimono in modo quasi gioioso e ben determinato gli stessi concetti, mentre, al tacer del Violoncello, l’Orchestra per l’ultima volta e solennemente ribadisce la validità della vita vissuta e delle scelte fatte.

La traccia quì delineata esprime i sentimenti di fondo che l’autore ha voluto porre alla base della esposizione e dell’analisi della sua vita; occorre tener presente, per una corretta e completa comprensione del messaggio, che le forme archetipiche ricorrenti sono in continuo dialogo con le rielaborazioni mentali che appaiono sia nel tessuto orchestrale che nel canto del Violoncello, quasi a voler completare con ogni possibile sfumatura concettuale l’elencazione emozionale delle vicende principali della vita del compositore.

L’analisi del secondo e terzo tempo è contenuta nel libro di F. Uccelli “Il commiato di Anton Dvoràk”, Edz. Ceccherini, Firenze 1997.

(*) – Per chi desideri un ascolto aderente alle intenzioni del compositore, consigliamo la interpretazione di Christine Walewska assieme alla London Philharmonic Orchestra (Direttore: Alexander Gibson, 1972) – Philips Classic 450 113-2, 10 – CD Belart, 1993 Karussell UK Ltd.
(**) – Si consiglia la partitura edita dalla Ernst Eulemburg, Ltd, London 1976.

Note: Analisi dello stilema archetipico “domanda-risposta” iniziale.

Essendo lo stilema iniziale un archetipo logico, del tipo domanda-risposta, il suo significato si può trarre solo dal contesto in cui è posto e dalle motivazioni generali dell’opera cui appartiene. Abbiamo detto che il Concerto è come un testamento spirituale, una confessione, un colloquio tra l’autore e la morente Josefina; il primo tempo è accentrato sulla sua vita e sull’amore, sulla sofferenza profonda per non essere stato corrisposto, sulla accettazione di tale condizione; le rielaborazioni dei vari archetipi esprimono una articolata analisi razionale-emozionale dei quesiti che l’autore si pone. In particolar modo, abbiamo ritenuto che lo stilema iniziale, che viene ripreso in varie forme per sottolinearne, come vedremo, diverse sfumature, sia centrato sulle domande fondamentali che un uomo pone a se stesso nel momento del definitivo ripensamento su ciò che ha fatto della sua vita: “ho io detto qualcosa, ho io donato qualcosa?”

L’archetipo domanda-risposta è così strutturato: la domanda è contenuta nella prima battuta, la risposta nella seconda; all’interno della prima e della seconda battuta è contenuto l’archetipo di respiro (primo e secondo movimento: inspirazione; secondo e terzo movimento: espirazione).

La domanda contiene chiaramente il carattere di “dubbio” (archetipo composto?) espresso dalla distanza della seconda e terza nota (un solo semitono), mentre la risposta esprime sicurezza (seconda e terza nota della seconda battuta distanti ben tre semitoni) mediante un archetipo di dolcezza di terzo grado, spesso usato nelle musiche slavo-boeme. Un archetipo (sovrapposto) di forza compare nel primo e terzo movimento di ambedue le battute, a indicare (fin dalla prima battuta) l’intima e positiva certezza della risposta alla domanda fondamentale. L’archetipo domanda-risposta viene ripetuto, anche variato, più volte. Ad esempio, quando viene enunciato dal violoncello in batt.87, la domanda non è dubbiosa (distanza tra seconda e terza nota: due semitoni), e così pure in batt.91; mentre torna un sottile dubbio nella ripetizione orchestrale di batt. 103 e 105 e in quelle del solo violoncello (batt. 128 e 130), cui addirittura seguono risposte sfiduciate e senza speranza (batt. 129 e 131) : introducono infatti il successivo tema dell’amore non corrisposto. Lo stesso archetipo torna positivo in orchestra in batt. 192, 193, 194, 195, e nelle successive quattro battute, mentre nelle batt. da 204 a 207 le risposte sono vaghe e interlocutorie; viene poi ripetuto in maniera dilatata e drammatica dal violoncello nelle batt. da 224 a 227, e poi, avviandosi il tempo verso la sua fine, in maniera positiva dall’orchestra in batt. 319-320; ancora positivamente dal violoncello in batt. 323-324, e infine, in maniera positiva e grandiosa da tutta l’orchestra in batt. 342-345 e seguenti, fino in fondo.